La Legge di Bilancio 2021 interviene sulle perdite realizzate nel 2020 dalle società di capitali, permettendo di rimandare gli obblighi prescritti dal Codice civile fino al 2025.
I decreti legge che si sono rincorsi nel 2020, in un contesto di eccezionale emergenza, hanno prodotto (tra le altre cose) un insieme disorganico di norme transitorie, di ordine solitamente civilistico (ma a volte con implicazioni fiscali derivate), con l’obiettivo, evidente, di permettere alle società di superare l’esercizio 2020 senza essere costrette ad entrare nel perimetro di uno stato di crisi civilistico.
Le norme emanate sono state diverse: qualcuna si nota per la particolare convenienza (come quella sulla Rivalutazione dei beni d’impresa), qualcuna perché un poco maldestra (come il cosiddetto Blocco degli ammortamenti civilistici), qualche altra per la semplicità e l’efficacia, come quella che prevede il congelamento delle perdite civilistiche realizzate nel 2020 in relazione agli obblighi prescritti dal Codice civile, per il caso in cui queste si rivelino di particolare entità.
Nello specifico l’articolo 6 del DL 23/2020 (convertito con modificazioni dalla Legge 40/2020), prevedeva, con molta efficienza operativa, una deroga temporanea alle imposizioni previste dal Codice civile per il caso in cui le perdite dell’esercizio fossero superiori a un terzo del capitale sociale, nelle differenziate fattispecie in cui risultasse entro il limite minimo legale previsto o al di sotto di questo.
Tuttavia, la norma in questione, scritta in emergenza, aveva un grosso limite: prevedeva l’ibernazione di queste perdite per una parte del 2020, ma nulla ci diceva su cosa sarebbe successo il 1° gennaio 2021; considerando che, in mancanza di diverse indicazioni, la disciplina transitoria poteva considerarsi esaurita in tale data.
Negli ultimi giorni di dicembre del 2020, in occasione dell’approvazione della Legge di Bilancio 2021, il Legislatore interviene nuovamente sulla questione per risolvere il problema dell’esaurimento dell’efficacia normativa, e lo fa riscrivendo quasi ex novo l’articolo 6 del DL 23/2020 (attraverso l’articolo 1 comma 266 della Legge di Bilancio 2021).
La novellata disposizione, che interessa tutte le società di capitali, ha per oggetto le perdite d’esercizio emerse in tutto l’esercizio in corso al 31 dicembre 2020, e inizia disapplicando, per lo stesso periodo contabile, gli obblighi previsti dal Codice civile per le perdite che superano un terzo del capitale sociale, entro o oltre il minimo legale, confermando la precedente versione della norma.
La vera novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2021 si legge nel prosieguo della norma e riguarda il quando gestire tali perdite emerse e congelate nel 2020: è prescritto infatti che, nel caso in cui queste superino un terzo del capitale ma nei limiti nel minimo legale previsto, il termine entro il quale dovranno risultare diminuite a meno di un terzo del capitale sociale non è l’esercizio immediatamente successivo (come da normativa a regime prevista dal Codice civile), ma il quinto esercizio successivo, quindi entro il termine di approvazione del bilancio 2025.
Quando tali perdite, realizzate nell’esercizio 2020, riducano il capitale al di sotto del minimo legale previsto per la specifica forma societaria interessata, la decisione obbligatoria in tema di ricapitalizzazione o trasformazione o scioglimento, può essere rinviata fino al quinto esercizio successivo, quindi, anche in questo caso, entro il termine dell’approvazione del bilancio 2025.
Tali perdite ibernate, la cui gestione può essere sospesa fino al 2025, dovranno essere, però, distintamente indicate in Nota integrativa, finché permangono in bilancio, specificando la loro origine e le movimentazioni intervenute nell’esercizio. La norma tace per il caso delle società non obbligate alla redazione della Nota integrativa (come le cosiddette microimprese), ma alla luce della disciplina ordinaria sul tema, si può presumere che il prescritto valga anche per queste, purché espongano gli obblighi informativi previsti in calce allo Stato patrimoniale.
Va precisato che la forma della riscrittura dell’articolo 6 del DL 23/2020, avvenuta ad opera dell’articolo 1 comma 266 della Legge di Bilancio 2021, che per le perdite superiori a un terzo del capitale, ma che non lo riducono al di sotto del minimo legale, rimanda alla disciplina transitoria del primo comma, mentre per le perdite che riducono il capitale al di sotto del minimo legale non lo fa, specificando nuovamente i rimandi normativi, può prestare il fianco a una ipotesi di lettura autonoma del disposto normativo, grazie alla quale si potrebbe ipotizzare una sostituzione a regime dei nuovi termini, che da annuali diventerebbero quinquennali; è parere di chi scrive che, essendo il disposto inserito in un contesto di normazione temporanea e in deroga, debba essere collocato all’interno del suo contesto e limitato alle perdite intervenute nell’esercizio 2020.